| Glorybox |
| | CITAZIONE (Scar @ 28/11/2005, 00:10) Allego meravigliosa poesia di Ungaretti, su Didone. La trovo perfetta per me perchè rispecchia la sofferenza di un cuore orgoglioso quando viene preso da un amore non ricambiato. E'mezzo dolore e mezzo rabbia, è spesso ciò che sento.
A questo punto non posso non riportare alcuni passi tratti dal IV libro dell 'Eneide,una delle più belle pagine d'amore che siano mai state scritte. Ovviamente vi consiglio di leggerlo per intero,perché va letto tutto d'un fiato,seguendo il respiro di Didone,dal primo all'ultimo.. vv 1-5 Ma sanguina ormai la regina in un tormento pesante, nelle sue vene nutre una piaga,da chiuso fuoco è consunta. Grande il valore dell'uomo,grande le assedia la mente la gloria del nome:è fitto in cuore quel volto, la voce:placido sonno non dà alle membra il tormento. vv 65-73 Oh menti ignare dei vati!I voti che giovano, che giovano l'are alla folle?Dolce fiamma divora l'ossa,intanto,e tacita vive la piaga nel cuore. Didone brucia,infelice,e si aggira per tutta la città,come folle,come cerva da freccia piagata, che incauta,da lungi,nei boschi di Creta pastore colpì, seguendola in caccia,nel corpo lasciò il ferro alato, senza saperlo:e lei,fuggendo,corre le selve,le forre dittèe,ma è fonda nel fianco la freccia mortale. vv 80-83 Poi,partiti che oscura nasconde a sua volta la luna il raggio e cadendo invitano al sonno le stelle, s'afflige da sola nella casa deserta,sui voti tappeti si stende,e l'ode e lo vede,assente l'assente. Le parole di Didone a Enea,pronto a partire vv 380-392 < Sper che in mezzo al mare,se pur ci sono dèi buoni, sconterai sugli scogli la pena e spesso Didone invocherai.T'inseguirò,pur lontana,con faci fumose: quando la gelida morte separerà corpo ed anima, fantasma t'inseguirò dappertutto.Pagherai,miserabile! E lo saprò:sotto l'ombre profonde mi verrà questa fama>>. E qui si interruppe,fuggì disperata l'aperto, voltando le spalle si strappò dal suo sguardo, lasciandolo lì esterrefatto,esitante,bramoso di dirle -adesso- molte parole.L'accolgon le schiave,svenuta nel talamo marmoreo la portano e sui cuscini l'adagiano.
vv 408-455 E tu,vedendo questo,che cuore avevi,Didone? Che gemiti davi,mentre brulicar vastamente contemplavi dall'alto la riva,e tutta vedevi sconvolta, davanti ai tuoi occhi,con tanti clamori la piana del mare! Crudele Amore,a che cosa non forzi i cuori degli uomini. A scendere ancora alle lagrime,ancora a tentar le preghiere è costretta,a piegar l'orgoglio,supplicando,all'amore, per non lasciare nulla intentato,per non vanamente morire. < da ogni parte raccolti:le vele già chiamano il vento, han già coronato le poppe i naviganti festosi. Se ho potuto aspettarmelo,questo grande dolore, anche soffrirlo potrò,sorella.Per me misera solo una cosa,Anna,fa':sì,lo spergiuro te sola onorava,a te confidava anche arcani pensieri, tu sola dell'uomo i momenti,gli approcci migliori sapevi. Va',sorella,supplice parla al superbo nemico: non io giurai con i Dànai sterminio alla gente Troiana in Aulide,non mandai flotta a Pergamo, del padre Anchise non dissacrai l'ossa e il cenere: perché negli orecchi crudeli parole mie non accoglie? Dove precipita?Conceda un ultimo dono alla misera amante,facile aspetti la fuga,favorevoli i venti. Non più le nozze antiche,che ha tradite,pretendo, non che del suo bel Lazio si privi,che perda il suo regno: tempo solo domando,pausa e pace al furore, finché la sventura,domandomi,mi ammaestri al soffrire. E' l'ultima grazia che chiedo (sorella,comprendimi), e se me la dà,ben colma gliela renderò con la morte!>> Pregava così,questi pianti la desolata sorella porta e riporta:ma nessun pianto lo muove, nessuna parola può ascolatre con favore:lo vietano i Fati,e gli orecchi gli chiude,placidi,un dio. Ma come quando valida quercia di tronco vetusto alpini aquiloni di qua,di là,con le raffiche tra loro gareggiano a svellere;cigola e geme,alte le foglie tappezzan la terra intorno al tronco squassato; ma è abbarbicata alle rocce,e quanto col vertice sale all'aria del cielo,tanto al Tartaro tende le radiche: non meno,di qua,di là,da parole continue è battuto l'eroe,e grande lo strazio ne sente nel cuore; ma immoto resta il proposito,inutili scendon le lagrime. Allora infelice,atterrita dal fato,Didone invoca la morte:veder la volta del cielo l'angoscia. E perché compia il proposito e lasci la luce, doni sull'are che fumano incenso ponendo,ella vide (orribile a dirlo!) il latte sacro annerire, mutarsi in sangue corrotto il vino libato.
vv505-521 Ma la regina,enorme il rogo nel cuor della casa alzato all'aria,legno di pino,tronchi di leccio, orna cons erti il cortile e lo corona di fronda funerea:là sopra le spoglie,la spada lasciata, l'effigie sul letto pone,sapendo il futuro. Stanno in cerchio le are;sciolta i capelli,la maga trecento volte a gran voce chiama gli dèi,Caos ed rebo, Ecate triplice e la triforme vergine Luna. Aveva sparso anche l'acqua simbolica della fonte infernale. Recise con falci di bronzo a lume di luna si cercano l'erbe turgenti,che han latte di tristo veleno; si cerca,strappato alla fronte di nascente puledro e rubato alla madre,l'amore. Lei stessa la sacra farina:e con mani pure all'altare, sciolto un piede dal sandalo,discinta la veste, invoca gli dèi,decisa a morire,e consce del fato le stelle. Infine,se cura mai degli amanti infelici ha qualche Forza memore e giusta,la supplica.
vv640-666 Ma Didone,tremante,stravolta dall'atroce proposito, gli occhi iniettati di sangue,chiazzate le guance frementi,livida già della morte futura, corre nell'intimo cuore del palazzo,sale sull'alto rogo,come una pazza,e snuda la spada dardania,dono che chiese,oh non per quest'uso! Qui sulle iliache vesti,sul noto letto,per poco posò lo sguardo,con lagrime,e rimase a pensare: poi si gettò sui cuscini e disse le estreme parole: << la mia vita ricevete,e da queste pene scioglietemi. Ho vissuto,ho compiuto la strada che m'ha dato Fortuna, e ora sotto terra grande andrà la mia immagine. (...)>> Disse,e premendo sul letto le labbra:< ma voglio morire,gridò,così voglio scendere all'ombre. Beva cogli occhi del mare questo fuoco il crudele Dardano,maledizione la morte mia con sé porti!>> Parlava,e tra tali parole sul ferro la vedono gettarsi le ancelle,e scorre la spada di sangue schiumante,e piene le mani.Un grido ai soffitti altissimi sale,impazza la Fama per la città costernata.
vv670-705 Udì,e senza fiato,atterrita,tremandi,di corsa, con l'unghi il viso,colpendosi il petto coi pugni, tra la folla Anna vola,e chiamava la morente per nome: (...) < voglio lavare,e se ancora un estremo respiro s'indugia, in un bacio raccoglierlo>>Prlando aveva salito gli alti gradini,e la morente tra le braccia stringeva con gemiti,e il nero sangue con la veste tergeva. Lei,gli occhi pesanti tentando d'aprire,di nuovo vien meno,fonda stride nel cuore la piaga. Tre volte,poggiandosi al gomitoprovoò a sollevarsi, tre volte s'abbandonò sui cuscini,e con occhi perduti nel cielo alto cercò la luce e gemette trovandola. Infine la grande Giunone,pietosa del lungo patire. del morire difficile,Iride mandò dall'Olimpo, che liberasse la vita lottante,le giovani membra sciogliesse. Giacché non per fato,non di dovuta morte motiva, ma misera,avanti il suo giorno,travolta da pazzo furore, né dal suo capo Proserpina ancora il biondo capello aveva strappato,donando all'Orco Stigio la vita. Iride rugiadosa,con ali d'oro pel cielo mille cangianti colori traendo dal sole, volò giù,sulla testa le stette:< dono e consacro-è il comando-da questo corpo ti sciolgo>>. Così dice,e strappa con la destra il capello:in quel punto tutto il calore fuggì,tra i venti volò via la vita.
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